Che cosa significa Brand Identity: una definizione

La Brand Identity, o identità di marca, è l’insieme degli elementi sensoriali con cui l’azienda vuol farsi percepire dal proprio target.

Il nome, il logo, gli obiettivi, i valori, le conoscenze, le esperienze, i prodotti, i prezzi, i media utilizzati e il rapporto con tutti coloro che a vario titolo sono interessati all’impresa, tutti insieme formano l’immagine che l’azienda costruisce di sé e che vorrebbe si imprimesse nella mente del pubblico: è l’immagine desiderata. Cosa ben diversa dalla brand image, che è come il pubblico reinterpreta il messaggio e vede la marca. Non sempre le due immagini coincidono.

Perché è importante la brand identity?

Più è marcata la personalità del brand, più il brand si farà ricordare. Harley Davidson: l’acciaio che luccica, il motore che ruggisce, la Route 66 e i suoi 4.000 chilometri che tagliano il nulla, una corsa con il vento fra i capelli … e via verso l’orizzonte come Peter Fonda in Easy Rider. Born to be wild!

Sonny Barger, fondatore del famoso club di motociclisti Hells Angels Motorcycle Club, descrive così la brand identity delle Harley Davidson: “Quello che conta veramente in una Harley Davidson è il suono……tutti amano quel rombo. Un’altra cosa …. è la coppia di fascia bassa, la potenza pura che esce dal cancello … Alla maggior parte dei motociclisti Harley non interessa l’alta velocità, preferiscono avere quella coppia di fascia bassa, quella che gorgoglia all’inguine e ti dà la sensazione di potenza“.

Pur non essendo le moto più veloci o più economiche, la Harley Davidson ha saputo stabilire una forte connessione emotiva con i propri clienti attraverso una brand identity che si è evoluta nel tempo rimanendo fedele ai suoi valori fondanti.

Route 66 al tramonto con il sole che illumina la strada ed un cielo poco nuvoloso.

Marketing emozionale: il brand che parla di sogni

Una brand identity di successo evoca un sogno, un’aspirazione; nasce da una fantasia o da un bisogno profondo e deve avere la forza di avverarlo. Negli anni ’90 il marketing cambia pelle e da razionale diventa emozionale: il messaggio non è più orientato al prodotto ma alla mente del potenziale cliente e ai suoi desideri. L’obiettivo è di assecondarli in un modo più efficace di quanto sappia fare la concorrenza, senza interrompere la magia del sogno. Il brand deve saper parlare più al cuore che alla testa dell’utente, e per farlo deve sviluppare una componente emozionale.

Le emozioni giocano un ruolo centrale nei nostri processi decisionali. Gerald Zaltman, docente di marketing presso la Harvard Business School, nel 2003 in “Come pensano i consumatori” scrive che solo il 5% delle decisioni è basato su processi razionali e che il restante 95% si verifica oltre la nostra soglia di consapevolezza. “Per sfruttare al meglio il potenziale del marketing emozionale, le aziende devono comprendere le emozioni specifiche che risuonano con il loro pubblico di riferimento, creando messaggi, contenuti ed esperienze coinvolgenti che evocano tali emozioni. Questo approccio strategico può fare la differenza nel competitivo panorama del marketing moderno, offrendo un vantaggio significativo nel coinvolgimento dei clienti, nel miglioramento delle conversioni, nella fidelizzazione dei clienti e nel consolidamento della riconoscibilità del marchio attraverso una brand identity distintiva“.

Bernd H. Schmitt, professore della Columbia University, aveva teorizzato nel 1999 la nuova strategia di vendita che vuol far vivere al cliente un’esperienza indimenticabile. Nel suo libro “Experiential marketing” la descrive come “un’esperienza memorabile che il cliente deve sperimentare, tale da superare le sue aspettative”.

In questa strategia che punta al coinvolgimento emotivo, l’emotional branding si spoglia dei panni dell’azienda e indossa quelli di una persona, e proprio come una persona, grazie ai social e agli strumenti digitali, dialoga con i consumatori prendendosi lo spazio che occuperebbe un amico.

Brand activism: il modo di agire dei brand

Arrivare al cuore delle persone è tanto ma non è tutto. Per attrarre nuovi clienti, il brand è chiamato certamente a fare scelte coerenti con la propria identità ma anche ad assumere una posizione nei confronti di temi che coinvolgono l’intera società. Philip Kotler, padre del marketing moderno, parla di brand activism alludendo a prese di posizione concrete su cause politiche, economiche, ambientali o sociali. All’argomento dedica il volume intitolato appunto “Brand activism. Dal purpose all’azione” in cui spiega alle aziende come passare dal proposito di sostenere una causa all’azione, e dall’azione al racconto.

Il brand si “umanizza”, prende le sembianze di una persona con un certo aspetto fisico, una certa cultura, un certo stile di vita, un certo modo di fare e di comunicare, certi valori e ideali che lo rendono apprezzabile agli occhi della sua platea. La quale, dal canto suo, identificandosi, vorrà assomigliargli per ciò che fa e come lo fa, e anche per i valori che interpreta. Se tutto questo viene giustamente percepito, il merito è della sua brand identity che fa innamorare o respinge proprio come se fosse una persona.

Il prisma di Kapferer e la brand identity

Nella prospettiva di un marketing che punta all’emozione e all’esperienza indimenticabile, è tuttora un prezioso strumento per costruire l’identità di marca il modello elaborato nel 1986 da Jean-Noel Kapferer, autore del best seller “New Strategic Brand management”. Il modello è un prisma esagonale in cui ogni faccia rappresenta una caratteristica che la brand identity deve avere. Il prisma di Kapferer è un memorandum, una bussola che indica la direzione da tenere in qualsiasi decisione aziendale: dalla creazione del logo a quella del sito web, dalla scelta dei colori delle etichette e dei prodotti al modo di comunicare, alle relazioni con il pubblico e con i dipendenti…

Prisma di Kapferer bianco disegnato da Ingigni su sfondo blu scuro.

Picture of sender (Immagine del mittente):

  • Personality: è ciò che rende unica e riconoscibile una marca, proprio come una persona che è irripetibile per il suo aspetto fisico, il temperamento, le inclinazioni, i pensieri, le emozioni;
  • Phisique: sono gli elementi oggettivi e visibili della marca: forme, palette di colori, logo, design. In “The new strategic brand management“, K. spiega che si tratta di «una combinazione di caratteristiche oggettive e salienti che vengono immediatamente in mente quando un brand viene menzionato in un sondaggio».

Picture of recipient (Immagine del ricevente):

  • Self-image: è ciò che sentono, sognano, pensano e vogliono i clienti del brand. Conoscere questo mondo di aspirazioni e desideri, garantisce al brand la capacità di soddisfarli e il suo stesso successo e, come in un gioco di specchi, al consumatore la percezione di realizzare quel particolare modello attraverso l’uso del brand;
  • Reflection: è l’indicazione del target di riferimento, l’identificazione di quel particolare pubblico che il brand vorrebbe raggiungere. In questa sezione si usano le informazioni raccolte nella Self-image e si riflettono sul mercato.

Internalization (Interiorizzazione):

  • Culture: si riferisce alla cultura e ai valori del Paese da cui proviene il brand, ma anche ai valori aziendali, ai suoi obiettivi, al modo in cui si relaziona con dipendenti e collaboratori…

Externalization (Esternazione):

  • Relationship: è la relazione fra il Brand e i clienti.

Archetypal branding: la brand identity e i 12 modelli junghiani

I 6 elementi di Kapferer creano tutti insieme una personalità unica, una brand identity inconfondibile in cui confluiscono i tratti fisici dell’azienda, la personalità, la cultura, la relazione, l’immagine riflessa e la rappresentazione di sé. Questi elementi devono convivere in modo coerente fra loro, rafforzando ciascuno il carattere della brand identity.

Alla personalità del brand si sono interessate ai primi anni 2000 Carol S. Pearson, psicologa, analista e scrittrice, e Margaret Mark, pubblicitaria, con il libro “The Hero and the outlaw”. Le autrici mostrano come i marchi di maggior successo sono quelli che corrispondono ai modelli dell’inconscio e chiamano così direttamente in causa gli archetipi teorizzati dallo psicanalista Carl Gustav Jung dagli anni ’30 in poi. Gli archetipi sono 12 modelli simbolici di personalità impressi nell’inconscio collettivo che, in forme diverse, si manifestano in tutti i tempi e in tutte le culture. Sono modelli innati di comportamento che l’umanità ha continuato a ripetere nel corso della sua lunghissima storia e che sono rimasti come intrappolati nella parte più profonda e misteriosa dell’essere umano. Sono: Innocente, Saggio, Esploratore, Ribelle, Mago, Eroe, Uomo comune, Burlone, Amante, Angelo custode, Sovrano, Creatore.

Il cinema usa gli archetipi per facilitare l’immedesimazione dello spettatore con il personaggio. I brand fanno la stessa cosa nella relazione con il consumatore: una brand identity che incarni un archetipo troverà molti che si sentono in sintonia e questo è un vantaggio competitivo enorme. La Harley Davidson interpreta l’archetipo del Ribelle, quello che è contro le leggi e il conformismo, che vuole distruggere lo status quo e cambiare il mondo. Brand come Chanel e Dior incarnano il modello dell’Amante che ci richiama l’amore, la sensualità, la vicinanza. Chi è dominato da questo archetipo vuole piacere, affermare il proprio potere di seduzione; comunica con un tono morbido ed empatico. I brand che presentano profumi, gioielli, intimo ricorrono a questo modello. Normalmente un brand, proprio come una persona, ha una identità poliedrica con più caratteristiche, assimilabili a più archetipi, ma è bene che ne enfatizzi una sola sulla base dei valori che incarna, delle emozioni che vuole smuovere, del modo in cui opera e comunica. Caratteristica che poi sarà quella che nel consumatore compirà il processo di individuazione.

Vediamo adesso due esempi di brand identity ispirati agli archetipi di Jung.

La brand identity di The North Face, letteralmente La parete Nord

La North Face ha costruito la propria brand identity impersonando l’Esploratore, che non ha paura di spingersi oltre, fino ai confini dell’ignoto, alla ricerca di una libertà negata nella routine quotidiana. Orari, abitudini e obblighi sociali non fanno per lui, che odia la noia e il conformismo. L’Esploratore è un tipo audace e indipendente, che affronta le sfide, prima di tutte quelle con sé stesso, ama sentirsi libero ed è alla continua ricerca del cambiamento attraverso nuove esperienze.

Archetipo dell’esploratore elaborato da Ingigni che rappresenta da un uomo con torcia sulla fronte e con giacca pesante verde.
Half Dome, roccia in California al tramonto con cielo stellato; ispirazione del pittogramma The North face.

Non a caso il simbolo dell’Azienda rappresenta l’Half Dome, la roccia alta quasi 2.700 metri che si trova nel Parco nazionale di Yosemite, California. Vista di profilo, pare che la roccia sia stata tagliata di netto da una parte, dove c’è la parete verticale, liscissima, esposta a nord-ovest; sul lato opposto ha una gobba che fa pensare al becco di un uccello o al profilo di un artiglio. Nell’insieme la roccia ha la forma di una mezza cupola, una “half dome” appunto, come dice il nome. Chi fa arrampicate sa che il versante nord di una montagna è il più difficile da guadagnare perché meno illuminato, sempre ghiacciato e battuto da venti gelidi. Volerlo affrontare comunque è proprio dell’Esploratore che, per la sua ansia di libertà, è portato a spingersi oltre i limiti. Il simbolo della North Face nasce dunque dalla Half Dome e dalla bravura di David Alcorn, designer grafico californiano, che disegna il celebre simbolo nel 1971. Ancora oggi esso richiama la filosofia aziendale del “never stop exploring” con i suoi indumenti che tengono caldi e asciutti anche in condizioni climatiche estreme.

La brand identity aziendale di Rolex, una storia di successi lunga un secolo

Famosa per i suoi orologi di lusso, Rolex ha costruito la propria brand identity sull’archetipo del Sovrano che ha un carattere forte, è competente e responsabile, detta le regole del gioco, ha un potere incontrastato, sa come imporre e gestire la leadership. I suoi obiettivi sono il successo e il potere, e per raggiungerli la sua strategia è dimostrare superiorità e non perdere mai il controllo.

Archetipo del sovrano elaborato da Ingigni che rappresenta un re maturo con una corona dorata, occhi azzurri, barba bianca e mantello rosso.
Dettaglio della cassa di un orologio Rolex su sfondo nero.

Il marchio Rolex sta interpretando questo modello fin dalla sua nascita con orologi dalle caratteristiche straordinarie, come la sua identità. Chi compra un Rolex esibisce un oggetto-status symbol, sente di appartenere ad una élite. Proprio come la storia di questo marchio, che è una storia di successi e innovazioni coraggiose. Nel 1908, Hans Wilsdorf inventa il nome Rolex, un nome corto che si pronuncia senza storpiature in tutte le lingue. La corona viene aggiunta nel 1931 per rappresentare lo slogan dell’Azienda “una corona per ogni vittoria”, e l’aspirazione del suo fondatore, un visionario dallo spirito pionieristico, che riuscì ad imporre l’orologio da polso in un periodo in cui gli orologi si portavano nel taschino o fissati ad una spilla.

Nel 1926 nasce il modello Oyster, il primo orologio impermeabile. L’anno dopo la nuotatrice inglese Mercedes Gleitze, la prima donna ad attraversare a nuoto il canale della Manica, porta al polso un Oyster a cassa quadrata. L’eccezionalità dell’avvenimento e la novità di una donna che rompeva lo schema della femminilità “solo casa e famiglia”, esaltarono ancora di più il prestigio dell’orologio che, dopo essere stato in acqua per 10 ore, continuò a funzionare perfettamente. I giornali inglesi celebrarono l’avvenimento e l’orologio ebbe un’eco degna della più riuscita campagna promozionale.

Di successo in successo, Rolex tiene saldamente in pugno da 100 anni il primato nella orologeria di lusso. Dal canto suo, chi compra Rolex sente di partecipare alla celebrità del marchio e anche di comunicare il suo essere “arrivato”. Il Brand ha saputo esprimere una personalità così forte e ben definita da affascinare e attrarre chi condivide nel profondo il suo stesso modello.

Come costruire la propria brand identity?

La costruzione di una brand identity efficace è essenziale per essere riconoscibili in un mercato saturo di offerte spesso simili. Ciò che esterniamo colpisce direttamente l’emotività del nostro pubblico, che interpreterà il messaggio creandosi la brand image. Questo che segue è uno schema riassuntivo dei punti qualificanti nella costruzione della brand identity:

  • delineare la personalità;
  • stabilire la mission, la vision, i valori che sostengono la personalità del marchio;
  • individuare il target a cui ci si rivolge;
  • naming e logo: il nome sia facile da associare a concetti già presenti nelle menti dei destinatari ed il logo capace di rafforzarne la comprensione;
  • tono di voce e identità visuale;
  • storytelling: il codice linguistico attraverso il quale coinvolgere l’utente;
  • diffusione: scelta dei canali attraverso i quali i destinatari del messaggio (o buyer persona) possono essere individuati;
  • monitoraggio e adattamento: fondamentale monitorare nel tempo come viene percepita l’identità del brand e, nel caso, modificare ciò che nel messaggio fa percepire qualcosa di diverso da ciò che l’azienda vuole comunicare. Brand identity (immagine desiderata) e brand image (immagine interpretata dal pubblico) dovrebbero quanto più coincidere.

La costruzione di una brand identity richiede tempo e coerenza. È importante investire nella creazione di un’identità del marchio unica e riconoscibile che risuoni in armonia con il pubblico target. Se questo avviene, il collegamento è stabilito.