Brand equity:
definizione, significato ed esempi

Nonostante sia una ricchezza intangibile, la brand equity, nota come valore o patrimonio di marca, ha un peso determinante nella valutazione del potenziale economico dell’impresa. Philip Kotler e Gary Armstrong definiscono la brand equity come:

“L’effetto differenziale positivo che la conoscenza del nome della marca esercita sulla risposta del cliente al prodotto o alla sua commercializzazione”.

Da questo passaggio possiamo capire cos’è la brand equity, a cosa serve definire i valori della marca e perché un’azienda – anche piccola – dovrebbe investire su questo fronte con un lavoro di branding articolato, virtuoso, capace di aumentarne la notorietà.

Definizione: cos’è la brand equity

La brand equity è il patrimonio di valori coi quali la marca presidia angoli della mente delle persone; è la sua capacità di influenzare il consumatore e spingerlo all’acquisto. Quanto più è solida e duratura, tanto più è presente nella mente delle persone. È il capitale di marca dell’azienda che comprende il suo valore intrinseco e il suo significato simbolico; rappresenta il risultato del lavoro di brand awareness.

Noi siamo naturalmente portati ad assegnare uno scopo a ciò che facciamo ed a valutare le cose in base alla loro utilità ma anche, se non soprattutto, per il valore che attribuiamo al brand che ha prodotto quelle cose.
Infatti il valore del brand, pur appartenendo alla dimensione intangibile, pesa talmente tanto sulle decisioni di acquisto da risultare un vero e proprio capitale nel rapporto azienda/cliente.

Perché migliorare il valore della marca?

Le aziende con una brand equity positiva traggono un indubbio vantaggio dal patrimonio di marca perché il consumatore è disposto a pagare un prezzo più alto di quello che sosterrebbe per prodotti simili di concorrenti non ugualmente riconoscibili.

Un esempio di come funziona la brand equity: fra sneakers simili per qualità, il consumatore sceglierà quelle che hanno un nome famoso, tipo Nike, e che richiamano valori che lui stesso condivide, come il dinamismo e la velocità, anche se pagherà un prezzo più alto.

Brand equity e la piramide di Keller

Kevin Lane Keller, esperto internazionale di marketing, nel suo “Strategic Brand Management”, elabora un modello utile a dare forma alla relazione del pubblico con la marca.
La piramide di Keller, nota anche come Customer-Based Brand Equity (CBBE), è fatta di 4 livelli. Aiuta a visualizzare come il successo di un brand sia legato all’atteggiamento che i clienti mostrano nei suoi confronti.

Ogni livello della piramide poggia sul precedente. È importante consolidare ogni step prima di passare al livello successivo.

Brand Equity

Il modello di brand equity secondo la piramide di Kevin Lane Keller

Livello 1. Identità del brand: chi sei? (brand identity)

Brand equity Brand identity

Il primo step del modello di brand equity o modello CBBE

Sono le fondamenta sulle quali poggia la costruzione di un marchio che vuole diventare una marca. Cosa rende diverso ed unico il marchio rispetto ai competitor?
Questa operazione si fa quando si vogliono creare le basi di identità e consapevolezza in grado di rendere riconoscibile il marchio al pubblico.

Livello 2. Significato del brand: che cosa sei? (brand meaning)

Il secondo step del modello di brand equity o modello CBBE

Qui l’utente è a conoscenza dell’esistenza del marchio. Come nelle relazioni tra persone, è naturale volerne sapere di più sul marchio. Sorgono spontanee domande su cosa fa il marchio, dove opera, in quanti ci lavorano, se lavorano bene e se i prodotti hanno un buon rapporto qualità-prezzo.

In questa fase è importante che il marchio fornisca associazioni positive ad esso ed inizi a costruirsi una buona reputazione. Questo step è suddivoso in 2 parti:

  • Brand performance (ambito razionale): definisce quanto il prodotto può soddisfare le esigenze del cliente. Per fare ciò, secondo il modello di Keller, vanno presi in considerazione 5 fattori:
    • caratteristiche del prodotto;
    • affidabilità, durata e funzionalità del prodotto;
    • efficienza dell’assistenza clienti;
    • stile e design;
    • prezzo.
  • Brand imagery (ambito emozionale): definisce l’immagine del marchio che si crea nella mente delle persone, cioè come è percepito dal pubblico. È molto importante che il messaggio emesso sia coerente con l’identità di brand e che corrisponda all’immagine di marca percepita dal pubblico (brand image). Se ci sono incongruenze, queste vanno subito corrette.

Livello 3. Reazioni al brand: quali giudizi e quali sensazioni suscita? (brand responses)

Brand equity Brand responses

Il terzo step del modello di brand equity o modello CBBE

Qui l’utente è divenuto cliente. Si passa dal percepito al vissuto. Il cliente interagisce col prodotto, sviluppa giudizi e sensazioni confrontando le aspettative che aveva con le vibrazioni che sente ora che ha il prodotto tra le mani. Come si sente il cliente adesso? Ciò che le persone provano verso il marchio è il focus in questa fase. Anche in questo step le reazioni si suddividono in 2 parti: giudizi e sensazioni.

I giudizi tendono a svilupparsi all’interno di queste quattro categorie:

  • qualità – il cliente giudica in base alla qualità effettiva o percepita;
  • credibilità – la competenza e l’affidabilità;
  • considerazione – quanto è rilevante per il cliente la capacità di rispondere ai suoi problemi;
  • superiorità – quanto il marchio è superiore nel confronto con i concorrenti.

Le sensazioni si sviluppano nel seguente quadro:

  • calore;
  • divertimento;
  • eccitazione;
  • sicurezza;
  • approvazione sociale;
  • rispetto per se stessi.

Questi fattori riflettono le valutazioni complessive ed i collegamenti emotivi che si instaurano nella mente del cliente nei confronti del brand. Associare il marchio a giudizi e sensazioni positive permette di creare una relazione positiva che sarà proficua e duratura.

Livello 4. La relazione col brand: quale link c’è fra te e me? (resonance)

Brand equity Resonance

Il quarto step del modello di brand equity o modello CBBE

Il punto più alto, l’apice. è il punto più complesso da raggiungere. A questo livello di profondità il legame tra persona e brand è fortissimo.

Secondo la piramide di Keller questo livello di attaccamento è caratterizzato da 4 fattori:

  • fedeltà;
  • attaccamento;
  • senso di comunità;
  • coinvolgimento.

Il cliente si sente rappresentato, compreso da parte del brand e soddisfatto nelle sue richieste. E in più sarà naturalmente portato ad invitare amici e conoscenti a sceglierlo anche loro.

Il modello della pirimade di Keller delinea in maniera chiara e semplice un processo lungo e complesso. Partire da 0 con una chiara identità di marca, fare in modo che il marchio venga scoperto dal pubblico per poi suscitare piacere nelle persone fino a stabilire con loro una forte relazione. All’apice della piramide di Keller, le persone divengono dei brand advocate, dei veri e propri ambasciatori del brand.

Come costruire i valori della marca

Il processo che porta ad avviare la costruzione di una brand equity efficace inizia dalla qualità del prodotto o del servizio offerto.
Il tutto va contestualizzato nel settore merceologico nel quale si opera ed analizzando i competitor, gli attuali ed i potenziali.

Un altro aspetto essenziale è la definizione del target e quali problemi il brand si propone di risolvere. Conoscere il proprio pubblico permette alla marca di farsi portatrice delle emozioni, dei significati e delle associazioni di cui le persone hanno bisogno.

Poi c’è tutto ciò che riguarda la comunicazione del valore che passa dalle campagne di advertising alla creazione di uno storytelling intorno al lavoro che fai per i tuoi clienti. Prendi come esempio la Ferrari. Siamo tutti d’accordo che si tratta di un brand con alto valore percepito.

Il motivo? Un mix unico di grande qualità del prodotto e una narrazione ben strutturata di un brand che diventa mito.

Poi ci sono una serie di elementi secondari che in realtà fanno la differenza come il logo o i colori che rientrano nella brand design strategy che definisce la forma, il linguaggio attraverso il quale la marca si presenta agli occhi del mercato.

Tutto questo può essere applicato ad altri marchi come, ad esempio, Apple. In questo caso possiamo indicare un altro aspetto fondamentale per aumentare il valore percepito della marca: il customer care service. La mela morsicata mostra di esserci sempre per i propri clienti e fa in modo che ogni problema diventi una missione da compiere e risolvere.

Come misurare la brand equity

Il lavoro svolto per aumentare la brand equity deve essere valutato e misurato. In che modo? Conosciamo più KPI che puoi prendere in considerazione, il più importante dei quali è l’elasticità del prezzo, cioè la sensibilità del pubblico di fronte a un aumento del costo di acquisto.

Se questo sale e la domanda rimane invariata vuol dire che la brand equity è alta, che il valore percepito giustifica quest’operazione che, altrimenti, provocherebbe un calo nelle vendite.

Sullo stesso filone possiamo evidenziare parametri come lo scontrino medio, ovvero quanto spende un utente per ogni acquisto, o la brand loyalty, cioè la fedeltà dell’acquirente verso una determinata marca. Non dimenticare altri KPI, come le menzioni sui social, che danno informazioni su come è orientato il sentiment.

Esempi del patrimonio di marca

Amazon è un esempio di brand equity positiva: è un brand famosissimo, ha fama di essere preciso e puntuale nelle spedizioni, ha fidelizzato le persone più di qualunque altro negozio online.

Made in China è un brand notissimo ma in Europa non significa qualità del prodotto e non genera lealtà al bene. È un esempio di brand equity negativa.

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