Brand extension:
definizione, significato ed esempi

Brand extension è la strategia di marketing per la quale un’azienda usa il proprio marchio per presentarsi al pubblico con un nuovo prodotto/servizio della stessa categoria di partenza (line extension) oppure con un prodotto/servizio appartenente ad un segmento merceologico diverso (category extension). In entrambi i casi sfrutta “l’effetto alone” estendendo le qualità positive del marchio sul nuovo prodotto.

Cosa si intende per brand extension?

L’estensione di marca (nota anche come brand stretching) consiste nell’applicare il proprio marchio su prodotti o servizi aggiuntivi rispetto all’offerta originaria.

L’obiettivo è quello di sfruttare il capitale di notorietà e fidelizzazione maturato dalla marca, espandendolo su nuovi mercati. In questo modo si risparmiano ingenti risorse nella costruzione di un nuovo marchio a costo di qualche rischio.

Questo ampliamento può impattare negativamente sulla percezione del brand, diluendone il posizionamento sul mercato.

Ciò potrebbe comportare la perdita di leadership del segmento presidiato – aprendo spazi a competitor iper focalizzati – oltre a sforzi notevoli per farsi largo nel nuovo.

Laddove i valori della marca e la coerenza con l’identità del brand non vengono rispettati, la credibilità stessa della marca ne viene intaccata. In un progetto di brand development è importante analizzare prima l’opportunità di estensione del brand per poi procedere alla costruzione di una brand architecture funzionale.

I tipi di brand extension

L’interpretazione della locuzione brand extension non è univoca: la scuola di pensiero che fa capo a David Aaker, Philip Kotler e Gary Armstrong ritiene che brand extension si riferisca soltanto alla category extension o estensione di categoria; Farquhar e Kevin Lane Keller vi comprendono anche la line extension o estensione di linea, arrivando così ad un compromesso teorico in grado di spiegare le due direttrici fondamentali che un’azienda può scegliere per guadagnare mercato.

Nuove linee di prodotto: line extension

Line extension: sotto lo stesso marchio nasce un prodotto/servizio simile a quelli già commercializzati, magari migliorato o cambiato nel packaging ma sempre coerente con la vocazione originaria dell’azienda. È l’indicazione più seguita che ha come risultato l’offerta di un maggiore assortimento di articoli complementari a quelli già venduti. Proprio perché si presenta con le credenziali di un’azienda già rodata, il nuovo prodotto richiede un minor investimento per imporsi sul mercato ed ha più probabilità di riuscire a posizionarsi.

Se non va si ritira, magari per riproporlo a distanza di tempo in una veste migliore, come ha fatto Giovanni Rana. Nel 2009 Rana esce sul mercato con i “tortellini freschi al cioccolato”; il pubblico non gradì questo “inaspettato primo piatto”, come fu presentato, e i tortellini furono ritirati dal mercato sette mesi dopo.

Nel 2020 Giovanni Rana ci riprova (sempre in serie limitata e con un intento benefico assieme al Banco Alimentare) ma stavolta li chiama “ravioli dolci con cioccolato” e li presenta come il “dessert che non ti aspetti”, chiarendo subito che non è un primo piatto ma una prelibatezza da dessert: risultato positivo ed esito completamente diverso grazie ad una comunicazione appropriata e ad un packaging attrattivo.

Nuove categorie di prodotto: category extension

Category extension: sotto lo stesso marchio nasce un prodotto/servizio che appartiene ad una categoria merceologica diversa da quella di partenza. In questo caso il lavoro propedeutico deve essere molto attento al fine di:

  • avere risultati positivi a fine campagna;
  • ampliare la platea dei clienti;
  • migliorare la brand loyalty e la brand equity;
  • aumentare il fatturato.

Certo non sempre l’esito è così felice. Se l’operazione non va bene, insieme al nuovo prodotto, la reputazione del brand ne risentirà. I motivi che possono penalizzare una marca a causa della brand extension sono diversi, fra cui:

  • l’incoerenza rispetto alla mission del marchio;
  • la cannibalizzazione del nuovo prodotto a scapito di un altro dello stesso marchio (tranne quando voluto);
  • l’incongruenza nella politica dei prezzi. Un prezzo troppo basso rispetto a quello medio di altri prodotti dello stesso marchio, al consumatore darebbe l’impressione che si è giocato al ribasso sulla qualità suscitando un dubbio: sta succedendo la stessa cosa anche sugli altri prodotti? Effetto alone al contrario: avviene l’horn effect;
  • i nuovi elementi di differenziazione non sono così marcati da imporsi come alternativa valida alla concorrenza.

Vantaggi e svantaggi della brand extensions: lezioni dalla storia

Nel 2018 Colgate annuncia uno spazzolino dotato di intelligenza artificiale, il Connect E1; due anni dopo confeziona il dentifricio “Smile for good”. Per la prima volta un dentifricio viene confezionato in un tubetto di plastica riciclabile.

Si tratta di due innovazioni che restano all’interno della categoria originaria della marca-madre (line extension) che nel 1908 commercializzò il primo dentifricio in pasta profumata venduta in vasetti.

Esito opposto aveva avuto nel 1982 la decisione di proporre al mercato la lasagna surgelata da “gustare prima di lavarsi i denti”. Questa iniziativa saltava a piè pari il segmento commerciale in cui Colgate si era ottimamente posizionata (category extension).

Fu un fallimento clamoroso da cui l’Azienda dovette ritirarsi precipitosamente per non compromettere ulteriormente la propria reputazione.

Come dar torto a chi, vedendosi servita una lasagna Colgate, avvertiva il fresco sapore del dentifricio prima ancora del corposo e caldo ragù?

Le due esperienze Colgate illustrano le due indicazioni della brand extension. Seppur molto diverse tra loro, entrambe sono state finalizzate ad un ampliamento del mercato ma con rischi e benefici di peso differente.

Nel 2012 la rivista americana di advertising AdWeek chiese ai propri lettori di votare per le migliori e le peggiori brand extension degli ultimi anni.

Fra le peggiori, la più penalizzata risultò quella di Zippo, storico marchio di accendini che si era presentato sul mercato con dei profumi da donna. La bottiglietta di colore rosa richiamava la forma dell’accendino. Il claim che accompagnava il lancio del prodotto era “Light your power”: il butano può non piacere a tutti ma stavolta, forse, col marketing olfattivo si è davvero esagerato.

Esempi di brand extension

Introdurre un nuovo prodotto attraverso l’estensione della marca ha certamente un costo iniziale inferiore alla costruzione di un’identità da zero. Per questo la tentazione è sempre forte.

Tuttavia, le brand extension falliscono quando l’inserimento di nuove offerte presenta una netta discrepanza col brand positioning.

Qui vediamo due esempi di estensione contrapposti: uno vincente, uno perdente.

Esempio di brand extension riuscita

Uno degli esempi più noti di brand extension riuscitissima è quello della Disney.

La storia comincia con Walt Disney, l’imprenditore visionario americano creatore di sogni. Nel 1928 inventa Topolino, nel 1934 Paperino, e poi i tre porcellini, Biancaneve, Cenerentola… Cartoni animati e film di animazione sono le prime produzioni della Disney.

Nel 1955 la svolta: nasce in California Disneyland, il parco divertimenti dedicato non solo ai bambini ma a tutta la famiglia – iniziativa che molti altri Paesi imiteranno negli anni a seguire – fino al più recente strumento di streaming, Disney+.

Il marchio ha così conquistato un pubblico vastissimo ed è entrato in mercati altrimenti impossibili come le navi da crociera, gli alberghi, le televisioni.

Esempio di brand extension non riuscita

Nel 1989 McDonald’s, già molto famoso come alternativa al pranzo, tenta di posizionarsi anche come alternativa alla cena e introduce la pizza nei propri ristoranti.

Poteva essere un’idea vincente se non fosse stato che la pizza richiedeva tempi più lunghi di preparazione ad un costo maggiore rispetto a quello previsto per gli altri piatti del menù.

In poco tempo quasi tutti i McDonald’s che servivano pizza smisero di farla e il prodotto scomparve del tutto nel 2000.

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